L’incapacità di compiere azioni volontarie con naturalezza e coordinazione corrisponde ad un disturbo ben preciso: la disprassia evolutiva. Questo disordine comporta nel bambino degli evidenti problemi nella quotidianità, perché anche una semplice azione come quella di vestirsi, può risultare molto complessa e creare disagi. Ma in cosa consiste esattamente la disprassia? Analizziamo insieme le sue caratteristiche per chiarire quali conseguenze comporta e come fronteggiarle.
La disprassia evolutiva è un disturbo della coordinazione motoria che implica dei problemi nello svolgimento delle normali azioni quotidiane e nei gesti volontari. La difficoltà nella coordinazione motoria spesso include anche una forma di disprassia verbale, che ha delle ripercussioni nella sfera linguistica del bambino.
La difficoltà di eseguire dei movimenti intenzionali, soprattutto in sequenza, rende il bambino molto impacciato. Inciampa spesso, non riesce ad allacciarsi le scarpe e frequentemente manifesta delle difficoltà nella lettura e nella scrittura.
Un soggetto disprassico riesce ad apprendere i giusti movimenti, ma si trova nella difficoltà di metterli in pratica correttamente, facendo molti sforzi ma senza ottenere grandi risultati.
La disprassia è un disturbo che si verifica già in età evolutiva. I suoi primi segnali si manifestano sin dalla più tenera età e sono riscontrabili in tutti quei movimenti volontari che il bambino esegue già a partire dai 2 anni.
Riuscire a riconoscere un bambino disprassico è un’operazione molto complessa. Spesso il disturbo si confonde con la goffaggine e inevitabilmente si sottovaluta il problema.
I segni della disprassia evolutiva si evidenziano già nei primi anni di vita del bambino, ma sono anche diagnosticabili successivamente:
Il bambino con disprassia non riesce a pianificare adeguatamente le sue azioni, ad organizzare mentalmente le attività della giornata e a ricordarsi gli impegni e gli orari. La sua postura è inadeguata e il suo comportamento è ritenuto impacciato nella maggior parte delle occasioni.
In relazione alle probabili cause, le tipologie di disprassia evolutiva possono essere catalogate come primarie e secondarie.
La disprassia primaria riguarda quel complesso di disordini che non hanno alcun legame con problemi di natura neurologica.
La disprassia secondaria è associata a patologie neurologiche come la paralisi cerebrale infantile, o malattie come la sindrome di Down o la sindrome di Williams.
Le cause della disprassia evolutiva non sono ancora state accertate. Si parla di ipotesi che sono legate all’ereditarietà, a predisposizioni genetiche o fattori traumatici.
Anche alcune problematiche durante il parto o eventi traumatici che causano danni cerebrali, sono considerate delle probabili cause di disprassia. In questi casi si parla di disprassia acquisita.
Sono stati anche evidenziati dei possibili fattori di rischio che hanno un’alta probabilità di far nascere dei bambini con questo particolare disturbo:
In queste specifiche situazioni, è opportuno attenzionare il bambino per riconoscere nei suoi comportamenti scoordinati un’eventuale forma disprassica.
Una diagnosi precoce è molto difficile da attuare nei casi di disprassia. Spesso i sintomi sono confusi con una scarsa attitudine del bambino a coordinare i movimenti e a concentrarsi, per pigrizia e cattiva volontà. Il soggetto viene considerato imbranato e lento, senza analizzare il perché dei suoi rallentamenti, sia a casa che a scuola.
Quando la mamma o il pediatra del piccolo scorgono i segnali di disprassia, è bene effettuare dei controlli più accurati recandosi da specialisti del settore.
La prima indagine che viene fatta non coinvolge direttamente il bambino, ma i suoi genitori e la sua storia dalla nascita. Si cerca di capire quali altri comportamenti ha avuto da piccolo per individuare i sintomi del disturbo con l’aiuto dei genitori.
Successivamente si chiede al bambino di svolgere delle attività semplici, come vestirsi o mangiare, per verificare la scarsa capacità motoria attribuibile al disturbo disprassico. Anche le attività ludiche sono un ottimo strumento per individuare dei possibili problemi motori. Ad esempio, le classiche costruzioni mettono alla prova la capacità di organizzazione spaziale del movimento.
Quando la diagnosi di disprassia evolutiva viene accertata, è necessario che si cominci da subito una terapia di tipo multidisciplinare. Il disturbo è essenzialmente motorio, ma come abbiamo visto, può compromettere anche le acquisizioni linguistiche e l’interazione sociale.
Un’azione sinergica tra interventi di logopedia e psicomotricità è l’ideale per aiutare il bambino a migliorare le azioni quotidiane in ogni campo della sua vita.
Partendo da concetti molto semplici come le azioni svolte durante la routine, è possibile ottenere dei grossi risultati. I movimenti saranno svolti con maggiore precisione ma pur sempre con lentezza.
Ogni intervento terapeutico è impostato sotto forma di gioco, soprattutto se i bambini sono molto piccoli, per aiutarli in maniera meno traumatica e più divertente. È evidente che prima si cominciano i trattamenti terapeutici e prima si evidenziano i progressi, senza avere ripercussioni gravi in ambito scolastico e relazionale.
Un bambino in cui si manifesta la disprassia evolutiva, sin dal momento in cui si alza dal letto, deve affrontare le sue problematiche che lo rallentano nei movimenti. Le prime difficoltà si incontrano per vestirsi: la scarsa capacità di mettere a fuoco la giusta sequenza, lo porta a sbagliare l’ordine dei capi di abbigliamento, ad esempio invertendo la biancheria intima con maglietta e pantaloni.
Quando arriva il momento di mettersi le scarpe, non è capace di allacciarle da solo e deve chiedere l’intervento di un familiare. A colazione potrebbe fare fatica a versare il latte nella tazza e portare il cucchiaio alla bocca. Non è raro vederlo sporcarsi durante uno qualsiasi dei pasti.
Seguire il percorso per andare a scuola, se non è opportunamente guidato, può risultare davvero difficile, perché l’organizzazione spaziale è compromessa dal disturbo.
A scuola il bambino può rimanere indietro rispetto ai compagni, sia nei copiati che in qualsiasi altra attività di gruppo. La sua difficoltà nel linguaggio lo può portare ad avere dei seri problemi di apprendimento. Il bambino risulta carente sia nella lettura che nella scrittura.
Esistono delle terapie che coinvolgono le abilità legate al percorso scolastico. È possibile migliorare l’apprendimento del bambino e farlo integrare all’interno della classe, accettando i suoi limiti e aiutandolo a svolgere le attività secondo i suoi tempi.
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