Le tappe dello sviluppo psicomotorio del bambino sono ben delineate e codificate, ma possono presentare delle variabili da bambino a bambino. Si deve tener conto che lo sviluppo motorio e lo sviluppo linguistico sono strettamente collegati tra loro. Scopriamo quindi quali sono queste tappe e quali sono i campanelli d’allarme.
Le tappe dello sviluppo psicomotorio del bambino
2-3 mesi: il bambino ha la competenza di discriminare tutti i suoni, ha una preferenza per la voce ed il volto materno ed utilizza prevalentemente una visione periferica.
3-4 mesi: si sviluppa la visione centrale che diventa sempre più simile a quella dell’adulto. Il bambino inizia a seguire con lo sguardo e a condividere gli stati affettivi sviluppando il sorriso sociale. A 4 mesi inizia ad afferrare i giochi grazie alla capacità di prensione intenzionale e di controllo visivo dell’oggetto. In questo periodo il bambino inizia a produrre i primi vocalizzi.
6-9 mesi: c’è l’acquisizione della stazione seduta autonoma ed il gattonamento, alla fine di questo periodo il bambino è in grado di stare in piedi con sostegno. In questi mesi si presentano un aumento delle vocalizzazioni e la comparsa della lallazione canonica (ripetizione di sillabe uguali).
9-12 mesi: il bambino impara a mettersi in piedi da solo e a rimanere in piedi senza aiuto, mentre gli spostamenti avvengono tramite l’appoggio a mobili o oggetti, per poi diventare autonomi. In questa fase maturano anche la abilità articolatorie stimolate dalle nuove esperienze con l’inserimento di nuovi cibi nell’alimentazione. Dal punto di vista comunicativo compaiono la lallazione variata (ripetizione di sillabe con consonanti diverse), il gesto deittico per richiedere e mostrare qualcosa e le prime routines gestuali (fare ciao, mandare un bacio).
Lo sviluppo psicomotorio dopo il primo anno
12-18 mesi: in questa fase il bambino inizia ad eseguire i primi passi, importanti per lo sviluppo dello schema corporeo, dell’organizzazione spazio-temporale e dello sviluppo cognitivo e sociale. Giochi come carrellini, macchinine e tricicli possono facilitare la conquista dello spazio attraverso il movimento! Dal punto di vista linguistico si assiste ad un graduale ampliamento del vocabolario, fino ad arrivare ai 18 mesi quando si presenta l’esplosione del vocabolario ed il bambino inizia a produrre l’olofrase.
18-24 mesi: il bambino esplora continuamente l’ambiente, svolge giochi sempre più complessi e fa scarabocchi sui fogli. Il vocabolario aumenta speditamente fino ad arrivare a 150-200 paroline intorno ai 24 mesi permettendo lo sviluppo della morfosintassi ed avviando la produzione delle prime frasi (linguaggio telegrafico).
24-36 mesi: il bambino impara a correre, a calciare la palla e a lanciarla. Il linguaggio diventa sempre più complesso e comprensibile e si arricchisce di verbi, aggettivi per poi iniziare ad usare in modo stabile parole con funzione grammaticale (articoli, pronomi, preposizioni). In relazione alla componente fonetica e articolatoria, il bambino acquisisce progressivamente tutti i suoni della lingua italiana, arrivando a completare l’intero inventario fonemico entro i 6 anni.
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Richiedi Subito il PRIMO COLLOQUIO GRATUITOQuali sono i campanelli d’allarme?
È importante tener presente che le tappe descritte rappresentano un’indicazione generale dello sviluppo tipico del bambino, tuttavia è consigliabile non trascurare alcuni campanelli d’allarme:
- il bambino non sembra rispondere a stimoli sonori intensi;
- non controlla il capo;
- non segue gli oggetti con lo sguardo;
- mostra ipertono o rigidità muscolare;;
- non presenta la lallazione a 8 mesi;
- non gattona;
- non riesce a stare in piedi se sostenuto;
- non produce nessuna parolina;
- non imita i gesti;
- non indica oggetti o immagini;
- presenta un lessico inferiore a 50 parole a 24 mesi;
- non combina due paroline a 30 mesi.
In questi casi può essere opportuno consultare il pediatra al fine di valutare la possibilità di effettuare ulteriori approfondimenti sullo sviluppo psicomotorio del bambino.
Cosa sono le difficoltà di linguaggio?
Le difficoltà e i disturbi di linguaggio possono interessare non solo la capacità di elaborare e strutturare frasi e/o di articolare correttamente le parole, bensì anche la competenza rispetto alla comprensione verbale.
Basti pensare che nello sviluppo linguistico del bambino la comprensione precede l’espressione verbale, i bambini comprendono molte più paroline di quelle che sanno produrre!
Frequentemente i genitori chiedono un colloquio con il logopedista perché il bambino “non parla bene”. Dopo un’attenta valutazione emergono non solo difficoltà dal punto di vista fonetico-fonologico, ma si possono evidenziare difficoltà nella comprensione grammaticale, un ridotto vocabolario e difficoltà espressive e narrative.
Cosa sono le difficoltà motorie?
Il movimento è il frutto dell’integrazione tra le informazione che ci giungono dall’ambiente e dal nostro corpo nello spazio, da cui si genera un’idea motoria che dal cervello arriva ai muscoli.
Questo sistema si sviluppa durante i primi anni di vita fino a circa 7 anni. A quest’età le competenze motorie di base del bambino sono assimilabili a quelle di un adulto, per poi perfezionarsi.
Le difficoltà motorie possono manifestarsi con goffaggine, lentezza e imprecisione nello svolgimento delle attività grosso-motorie (per esempio andare in bicicletta) e/o fino-motorie (afferrare un oggetto, usare le forbici e le posate), difficoltà di equilibrio (salire e scendere le scale), difficoltà nella coordinazione di più parti del corpo, a cui possono associarsi difficoltà visuo-costruttive, come nell’assemblaggio dei puzzle.
Comorbilità
Frequentemente i bambini che arrivano in valutazione per difficoltà di linguaggio presentano anche delle difficoltà motorie. Il mancato gattonamento o il ritardo nel camminare portano il bambino ad una più tarda esplorazione dell’ambiente circostante ed a nuove esperienze che sono necessarie per lo sviluppo cognitivo e linguistico.
Una delle diagnosi in cui frequentemente coesistono difficoltà motorie e difficoltà di linguaggio è quella rappresentata dalla disprassia.
La disprassia
La disprassia è un disturbo che colpisce circa 5-6 bambini su 100 prevalentemente di sesso maschile. Indica l’incapacità o la ridotta capacità di pianificare ed organizzare il movimento, rendendo difficile anche azioni e gesti quotidiani e provocando un ritardo nell’acquisizione delle tappe di sviluppo linguistico e motorio, andando a coinvolgere sia le abilità grosso-motorie sia la motricità fine. L’entità della compromissione delle differenti abilità è variabile e modificabile in funzione dell’età.
La disprassia può essere associata spesso a problemi di linguaggio, di percezione e di elaborazione del pensiero. Il linguaggio può essere semplificato nella struttura sintattico-grammaticale ed alterato negli aspetti articolatori ed il pensiero può risultare scarsamente organizzato nei vari contenuti.
La disprassia può presentarsi in diverse forme: disprassia verbale, disprassia motoria, disprassia oculare, disprassia ideomotoria, disprassia costruttiva, disprassia dell’abbigliamento.
Frequentemente la disprassia non si presenta in una forma ben definita rispetto a quelle sopracitate, ma si manifesta in modo generalizzato andando ad interessare le varie componenti; ne consegue quindi la necessità di un intervento mirato e di collaborazione tra neuropsicomotricista e logopedista.
I trattamenti consigliati in caso di disprassia
Nella pratica clinica queste figure professionali possono fare tesoro delle strategie del Metodo Co.Cli.Te, il cui obiettivo è quello di rendere fluide le abilità cognitive e di portare ad una rapida ed efficace attivazione i processi fisiologici comportamentali in relazione a reattività neuro-senso-motoria, motricità, organizzazione personale, comunicazione e linguaggio.
Un esempio di attività che il terapista può far svolgere al bambino con l’obiettivo di lavorare sull’alternanza bimanuale può essere la seguente:
- Far camminare il bambino avanti e indietro;
- Chiedere al bambino di aprire e chiudere le mani in modo alternato (destra-sinistra).
Si parte proponendo una motricità basale (come può essere il cammino), a cui poter aggiungere in modo graduale attività per l’alternanza bimanuale, schemi crociati, schemi verbo-motori, processi ritmici e sequenziali, schemi rotatori. In questo modo vengono potenziati l’incipit, la fluidità esecutiva, le sequenze d’azione e l’autoregolazione.
Anche i genitori possono fare la loro parte per migliorare le abilità linguistiche e motorie dei bambini. Per rendere il compito più semplice, esistono alcuni giochi creati apposta per questo scopo, come ad esempio LOGANDO.
Per avere degli spunti utili sulle attività indicate in caso di difficoltà di linguaggio e motorie, visita il blog Mammefficaci e riuscirai a chiarire tanti dubbi sullo sviluppo psicomotorio del tuo bambino.