Dubbi frequenti e consigli

Il bilinguismo è oggi una realtà diffusissima, basti pensare che nel mondo esistono più di settemila idiomi ed oltre la metà della popolazione mondiale parla almeno due lingue.

Numerosi studi scientifici ci informano che il bilinguismo, oltre a rappresentare un elemento di ricchezza personale e culturale, determina diversi vantaggi anche dal punto di vista neuropsicologico. Padroneggiare più lingue infatti incrementa la plasticità cerebrale, potenzia le funzioni esecutive (in particolare l’inibizione, la memoria di lavoro fonologica e la flessibilità cognitiva), stimola l’attenzione uditiva sostenuta e le abilità di discriminazione fonologica. Sembra inoltre essere in grado di ritardare l’insorgenza della malattia di Alzheimer di circa quattro anni e mezzo.

I dubbi riguardo quest’argomento sono però ancora molti e, come terapisti, ci capita spesso di affrontare questo tema con le famiglie che abbiano in carico.

Vediamo alcune delle domande che i genitori ci pongono frequentemente:

  1. Il bilinguismo può causare problemi nello sviluppo del linguaggio? I bambini rischiano di confondersi?

No! Se il bambino viene esposto a due lingue, le apprenderà entrambe senza rischio di confusione o possibili difficoltà di linguaggio. Può capitare in alcuni momenti che il bambino mescoli le due lingue o utilizzi alcune parole in una lingua mentre sta conversando nell’altra. Questi fenomeni (code mixing e code switching) sono normali e non devono preoccupare.

  1. Quando esporre mio figlio alla seconda lingua?

Il più precocemente possibile. È indicato parlare al bambino fin dalla nascita in tutte le lingue che si desidera apprenda. Le abilità di distinguere le differenze acustiche presenti nei diversi idiomi iniziano a ridursi già a 12 mesi di vita. Tanto prima avverrà l’esposizione, quanto più solide saranno le sue competenze linguistiche. Nel caso in cui in casa non si padroneggino le lingue che si desidera che il bambino apprenda, un’ottima possibilità è rappresentata dalle scuole internazionali, fin dal nido.

  1. Io e mio marito/moglie parliamo due lingue diverse. In che lingua dobbiamo parlare a nostro figlio

In questo caso è consigliato che ognuno dei genitori utilizzi sempre la propria lingua madre nel parlare con il bambino. In questo modo sarà più facile per lui imparare a differenziare le due lingue ed apprenderle contemporaneamente.

  1. Ci siamo trasferiti in Italia da poco e non conosciamo ancora bene l’italiano. In che lingua dobbiamo parlare a nostro figlio?

Se non vi sentite ancora sicuri nel parlare la lingua del paese in cui vivete, il consiglio è di parlare al bambino nella vostra lingua. Una strutturazione solida della lingua madre infatti, sarà fondamentale per permettergli di apprendere meglio e più rapidamente l’italiano in un secondo momento.

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  1. Se non gli parliamo in italiano come lo imparerà? 

 Continuate a parlare in casa la vostra lingua ed esponete il bimbo il più possibile a contesti sociali (parco giochi, centro estivo, biblioteca, ludoteca, sport di squadra, baby sitter italiana, case di amici in cui si parli l’italiano) in cui possa interagire con i bambini della sua età. I bambini imparano rapidamente.

  1. Le maestre mi riferiscono che il bambino parla poco e sbaglia alcuni suoni, devo mandarlo dal logopedista?

Accogliere i consigli delle insegnanti è sempre importante, ma come capire se le difficoltà sono relative unicamente all’apprendimento dell’italiano o ad una difficoltà di linguaggio? Se c’è un disturbo di linguaggio, questo si manifesterà sempre in tutte le lingue parlate dal bambino. Alcune di queste domande possono aiutarvi a capire quando rivolgervi ad uno specialista.

–          Nella lingua che si parla in casa il bambino ha difficoltà?

–          Il linguaggio è molto in ritardo rispetto ai cuginetti?

–          Apprende facilmente nuove parole?

–          Sbaglia a pronunciarne alcune?

In caso affermativo è indicato rivolgersi agli specialisti di riferimento: il neuropsichiatra infantile e il logopedista.