La letteratura scientifica riconosce l’afasia come disturbo linguistico non progressivo, quindi riconducibile ad una lesione di tipo neurologico.

La caratteristica “non progressivo” supporta l’idea di un disturbo che possa non peggiorare nel tempo.

Importante tenere in considerazione, però, varie ipotesi sull’evoluzione del disturbo poiché l’idea di un ipotetico non peggioramento non risulta essere sempre una costante.

Quando l’afasia è destinata a peggiorare e quando a migliorare?

Il disturbo linguistico è strettamente legato alla patologia del paziente per cui tenderà a peggiorare dinanzi, ad esempio, a cause di tipo degenerativo; in caso contrario, il quadro afasiologico tenderà a migliorare quando la patologia del paziente risulta ben circoscritta.

In entrambi i casi si riporta l’importanza della terapia logopedica che, ovviamente, avrà obiettivi diversi in base alle caratteristiche del paziente; il training logopedico in quadri degenerativi tenderà al mantenimento delle funzioni cognitive residue, mentre in un post-stroke gli obiettivi terapeutici saranno rivolti al recupero delle abilità linguistiche rese deficitarie dalla lesione.

Il mancato successo della riabilitazione cosa prospetta?

Purtroppo può capitare, durante un percorso terapeutico, di non raggiungere gli obiettivi sperati quindi, in tal caso, il paziente non viene abbandonato ma si cerca di mettere in atto misure compensative come la CAA e la P.A.C.E., entrambe aventi lo scopo di migliorare l’autonomia comunicativa del paziente.

La Comunicazione Aumentativa Alternativa è una modalità comunicativa che supporta la richiesta di bisogni in pazienti poco supportati dal canale linguistico-verbale; questa strategia può essere utilizzata a supporto del linguaggio in fase riabilitativa oppure come strumento abilitativo in maniera permanente.

La CAA richiede, seppur minime, competenze basilari per potervi accedere (collaborazione, attenzione condivisa, abilità mnemoniche, abilità motorie ecc.).

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L’utilizzo di tabelle comunicative composte da immagini iconografiche rappresentanti nomi, oggetti, azioni o concetti, permettono al paziente di formulare un messaggio non verbale con estrema facilità; le tabelle sono personali e vengono ideate su misura del paziente.

La P.A.C.E., invece, abbraccia un metodo molto strutturato che si basa sul potenziamento dell’uso delle abilità comunicative residue del paziente afasico.

Tale metodo si basa esclusivamente sull’iterazione diadica “clinico-paziente” mirando alla creazione di situazioni comunicative più ecologiche possibili, scelte anche dal paziente stesso, ove il terapista dovrà avere come obiettivo terapeutico il favorire un efficiente scambio comunicativo adeguando sempre la modalità di iterazione.